Stiamo vivendo tempi di straordinarie trasformazioni che devono essere affrontati anche alla luce del sostegno alla genitorialità. Sono tempi diversi da quelli che hanno accompagnato la nostra adolescenza e sono tempi molto distanti dai modelli genitoriali di quando noi stessi eravamo figli adolescenti. È vero, le dinamiche famigliari, le relazioni di coppia e il rapporto tra genitori e figli sono cambiati. Eppure, oggi come oggi, essere genitore di figli adolescenti non è mai stato così urgente.
Innanzitutto, lo scenario socioculturale attuale è radicalmente mutato: siamo passati dall’ingombrante patriarcato alla famiglia mononucleare, ci destreggiamo tra coppia genitoriale e monogenitorialità, aumentano le famiglie ricomposte e le coppie separate, restando genitori.
L’omoparentalità pone una serie di interrogativi e riflessioni, perché se da un lato sembra avere rimesso in discussione il debole dibattito sul ruolo paterno e materno dall’altro ha riacceso – finalmente – l’interesse e l’attenzione sulla funzione genitoriale, che – a mio parere- in questi ultimi anni è stata trascurata dagli esperti, forse troppo impegnati a insegnare i tips and tricks del parent training.
“I vostri figli non sono vostri figli. Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha di se stessa. Essi non provengono da voi, ma attraverso di voi. E sebbene stiano con voi, non vi appartengono”
(K. Gibran, 1923)
Anche loro sono cambiati. Chi sono i “nuovi adolescenti”? Sono adolescenti che vivono nell’era digitale. La realtà online, infatti, domina il campo della socialità tra i pari, penetra nella mente del giovane fin dall’infanzia. La scuola ha ormai cessato di essere il luogo degli apprendimenti cooperativi e la piazza non è più l’agorà preferita dove ritrovare gli amici.
Le relazioni interpersonali, prima ancora di diventare incontro, si dispiegano nell’esperienza immersiva dei social, del gaming e nella periferia del sexting. I “nuovi adolescenti” si muovono sotto il bombardamento incessante della comunicazione di massa di modelli di vita e di successo, fondati su valori e regole che spesso non corrispondono alla cultura di appartenenza dei genitori. Standard elevati stabiliscono il livello di adeguatezza che l’adolescente deve raggiungere per sentirsi “unico e speciale… come tutti gli altri”.
In questa cornice, si colloca la delicata fase di sviluppo dell’adolescente, il cui compito principale è la formazione e il consolidamento dell’identità personale, a partire da un corpo non ancora sufficientemente mentalizzato, ma già sottoposto a notevoli pressioni sociali, oltre che neurofisiologiche.
Ebbene, se il contesto odierno ci aiuta a comprendere meglio il ruolo di genitore di figli adolescenti, esso non è però sufficiente a spiegare la complessità della funzione genitoriale durante l’adolescenza del figlio, è necessario, infatti, dirigere l’attenzione più in profondità, all’interno delle dimensioni affettive che caratterizzano la soggettività di ogni genitore in relazione al figlio adolescente.
È necessario quindi spostare il focus su desideri, motivazioni, emozioni e intenzioni che alimentano la dinamica psicologica di quel peculiare incontro tra genitore e figlio, in cui si incrociano storie e bisogni differenti.
Il ruolo genitoriale si riferisce alla responsabilità, allo stile educativo e alle competenze di chi si dedica ai bisogni e alla crescita del figlio. Si potrebbe affermare che è la modalità in cui prende forma l’agire del singolo genitore a livello sociale. Il ruolo è impersonato dal genitore in base alle richieste del contesto di vita, è l’insieme di comportamenti, azioni e repertori relazionali, che caratterizzano i genitori reali.
Può essere materno oppure paterno. Nella nostra cultura, il ruolo materno (della madre) è orientato verso l’accudimento e la protezione. Il ruolo paterno (del padre) è associato agli aspetti normativi e sociali. Nella realtà i ruoli materno e paterno non sono così predefiniti, non corrispondono necessariamente all’identità di genere.
Ruolo materno e paterno possono essere intercambiabili oppure ricoperti da ambedue i genitori in momenti diversi della crescita esistenziale del figlio. Possono essere accentuati più da uno che dall’altro o, in alternativa, essere rigidamente determinati. Per rendere l’idea, semplificando, nell’adolescenza il ruolo paterno è in primo piano, nell’infanzia prevale il ruolo materno.
Si sviluppa fin dai primi anni di vita, è indipendente dalla generatività e dal concepimento, cioè non dipende direttamente dall’essere genitori. Certamente si intreccia con il ruolo genitoriale e si esprime sia nella genitorialità biologica che in quella sociale (ad es. adottiva, affidataria). Ma può realizzarsi anche in ambito professionale o in alcuni frangenti di vita.
In sintesi, la funzione genitoriale assolve il compito di favorire lo sviluppo psichico del figlio, in quanto individuo separato. Presuppone quindi la comprensione dei bisogni del figlio, il riconoscimento della sua soggettività e, nel nostro caso, la capacità di rispecchiare l’identità in costruzione dell’adolescente, senza, però, abdicare al proprio ruolo di genitore.
In questa prospettiva, è bene tenere in considerazione due assunti di partenza:
Quando queste premesse vengono calate nell’esperienza quotidiana dell’essere genitori di figli adolescenti, le conseguenze pratiche sono notevoli. La posta in gioco è molto alta, basti pensare che il processo evolutivo dell’organizzazione della personalità del figlio adolescente dipende anche da come si configura la genitorialità.
Il lavoro clinico con gli adolescenti difficili mi ha portato inevitabilmente a imbattermi con la questione parentale. Faccio un esempio, prendendo spunto dal campo in cui opero: è noto che, data la minore età del figlio, l’avvio della psicoterapia con l’adolescente impone la conoscenza preliminare dei genitori o di chi esercita la responsabilità genitoriale.
Non è solo un obbligo formale, è l’occasione per raccogliere informazioni sulla storia pregressa dell’adolescente (ed è per questo che chiedo di conoscere i genitori di adolescenti già maggiorenni). Ciò significa anche che, nella maggioranza dei casi, i genitori sono i veri “mandanti” della psicoterapia, cioè la richiesta di psicoterapia parte da loro e non direttamente dal figlio.
Quindi, può succedere che, nel primo colloquio, per giustificare la sua presenza, l’adolescente racconta di essere venuto non di sua volontà, bensì perché è stato mandato dai genitori [“sono qui perché lo vogliono i miei genitori”]. A volte precisa che, secondo lui, dovrebbero essere i suoi genitori a venire al suo posto [“sono i miei che hanno bisogno di venire qui, non io!”].
In effetti, dietro la richiesta di presa in carico, entrano in gioco le aspettative dei genitori, sia sul trattamento sia sul figlio. Di frequente queste aspettative si presentano sottoforma di preoccupazioni circa il comportamento o la salute mentale. Possono riguardare vari ambiti della vita del figlio adolescente, come la carriera scolastica, la sessualità o dubbi sulla condotta…
Si tratta di aspettative molto radicate nella storia personale del genitore, per lo più implicite, di cui si ha una parziale consapevolezza e con le quali bisogna fare i conti quando il figlio adolescente rivendica il riconoscimento della propria individualità.
Ai fini della buona riuscita della psicoterapia è sicuramente importante ascoltare le ragioni dell’adolescente ma lo è altrettanto considerare le aspettative dei genitori. In ogni caso, fuori dalla stanza dei colloqui con l’adolescente, ci sono dei genitori preoccupati, forse in difficoltà o che si sentono impreparati nel tentare di comprendere cosa stia accadendo al figlio adolescente.
Al di là dell’esemplificazione, la psicoterapia con l’adolescente non è l’unica eventualità in cui può emergere la necessità per i genitori di adolescenti di avere uno spazio di ascolto nel complicato compito di “sopravvivere all’adolescenza del figlio” (D.W. Winnicot, 1974).
Questo spazio, quando è proposto e viene effettuato da un esperto psicologo e/o psicoterapeuta dell’adolescenza, si definisce sostegno alla genitorialità.
Non è una psicoterapia, che ha finalità di cura. Non è un percorso di parent training, che invece è un addestramento cognitivo e comportamentale per gestire meglio specifici disturbi evolutivi del figlio. Soprattutto non è una valutazione sulle capacità genitoriali, che riguarda l’ambito della tutela del minore.
Il sostegno alla genitorialità è un intervento supportivo di tipo psicoeducativo che persegue l’obiettivo di aiutare i genitori a riconoscere e affrontare situazioni o periodi di crisi nella crescita del figlio adolescente, che hanno conseguenze sul modo di essere genitori. Il sostegno genitoriale è un lavoro sul ruolo e sulla funzione genitoriale.
Si occupa di indagare nella mente del genitore quali sono le rappresentazioni di sé in relazione alle rappresentazioni sul figlio. Esplorare le rappresentazioni vuol dire elaborare gli affetti che stanno alla base dello stile genitoriale. Vuol dire rivedere la propria storia personale alla luce del rapporto con il figlio adolescente.
Che genitore sono? Chi è mio figlio? Quali sono le mie aspettative? Come mi sento quando sto con mio figlio?
Solo a partire da queste domande è possibile trovare risposte utili per superare il momento difficile riguardante l’esperienza di genitore di figlio adolescente. A sua volta, il mestiere di genitore riporta alla memoria i genitori che ognuno di noi ha avuto come figlio. Noi non vorremmo fare con i nostri figli gli stessi sbagli che i nostri genitori hanno fatto con noi, esserne consapevoli ci porta a non ripeterli, ci rende genitori diversi, migliori e più attenti.
Del resto, l’adolescente può indurre nei genitori stati d’animo e sentimenti che gli appartengono. Ma che lui stesso non riesce a sperimentare o che non può tollerare. In questo senso quello che il genitore prova diventa un termometro molto preciso per capire cosa sta succedendo al proprio figlio.
Sentirsi genitori impotenti con un figlio arrabbiato non è mai piacevole. Però, se si riesce a mettere il vissuto di impotenza nella giusta prospettiva del figlio, allora sarà più semplice sentirsi meno impotenti e, allo stesso tempo, guadagnare le competenze indispensabili nell’aiutare il figlio adolescente.
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Le circostanze in cui è opportuno avvalersi del sostegno alla genitorialità sono riconducibili a difficoltà persistenti nel rapporto con il figlio adolescente, per svariati motivi.
Fra questi, i più frequenti sono:
Un lutto o una malattia grave, la separazione coniugale o la perdita del lavoro influenzano l’equilibrio tra i membri della famiglia, con ripercussioni sul rapporto genitoriale. Ad esempio, la morte del nonno che si è preso cura del nipote durante l’infanzia, sviluppando un solido legame affettivo.
Questo causa un dolore indicibile nella fragile mente dell’adolescente, che per la prima volta si confronta con la realtà della mortalità dell’esistenza umana. I genitori potrebbero non accorgersi di nulla. Mentre la disperazione del figlio viene mascherata da atteggiamenti di ribellione oppure messa a tacere con il ricorso all’autolesionismo.
La comparsa di comportamenti in direzione dell’antisocialità o della trasgressione, lo scadimento repentino del profitto scolastico, un’alta conflittualità intrafamiliare e una modificazione della condotta alimentare sono solo alcune delle potenziali manifestazioni della crisi adolescenziale. Di fronte a tali alterazioni, talvolta abbastanza improvvise, i genitori vengono colti di sorpresa. Si spaventano, al punto da assumere atteggiamenti che rischiano di rivelarsi disfunzionali.
Di solito si verificano quando i genitori si sentono indecisi su come entrare in connessione con il figlio in merito a determinate scelte che lo riguardano da vicino. Oppure si riscontrano in presenza di una relazione esclusivamente emozionale, priva cioè di un ambiente regolativo. I genitori passano dall’eccesso di regole alla loro assenza, senza riuscire a mettere a fuoco, in entrambe le eventualità, quali sono le reali necessità del figlio.
In questa situazione è indispensabile per i genitori contare sul sostegno e avere uno spazio di ascolto rispetto all’impatto emotivo del disturbo psichico sul sistema familiare. L’obiettivo è definire in cosa consiste il processo psicopatologico e agevolare il percorso di cura del figlio.
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2 Comments
Molto interessante tocca punti salienti
Il sostegno alla genitorialita rappresenta un importante fattore protettivo e di tutela per i genitori e, di conseguenza, per i figli. Lo scopo e intervenire sullo stallo, recuperando e valorizzando le risorse interne che la coppia e la famiglia possiedono ma che spesso pensano di non avere. Queste risorse sono utili per avviare un cambiamento e creare una partecipazione piu serena alla vita familiare.